Nato il 23 dicembre 1978 su un modello di welfare state universalistico (il sistema Beveridge), il nostro SSN, ha sostituito le vecchie casse mutue e affermato l’assistenza sanitaria come diritto sociale. Ma costa più o meno dei servizi sanitari di altri paesi che hanno adottato modelli diversi, ad esempio il sistema Bismarck? E cosa ci dicono gli indicatori di performance? Con una spesa sanitaria pubblica pari al 7,1% del PIL, l'Italia nel 2020 risultava terza, fra i Paesi europei comparati, per numero di posti letto ospedalieri (3,19 ogni 1000 abitanti) e faceva registrare la più bassa disponibilità di strutture residenziali destinate agli anziani. Altre classifiche - dall’aspettativa di vita alla nascita (83 anni) all’aspettativa di vita in salute (71,9 anni) - ci vedono però al vertice. Merito anche degli stili di vita. I sistemi sanitari dei Paesi dell’area OCSE sono riconducibili, fondamentalmente, a tre diverse tipologie. Alcuni Paesi (come Belgio, Francia, Germania e la stessa Italia prima della riforma del 1978) sono serviti da sistemi sanitari fondati su una struttura di tipo mutualistico-assicurativo che affonda le sue radici nel sistema previdenziale istituito dal cancelliere Bismarck alla fine dell'Ottocento (sistemi Bismarck, o ad "assicurazione sociale di malattia"). Altri Paesi (come l’Italia post-riforma, il Regno Unito, i Paesi scandinavi) si avvalgono di un sistema a struttura pubblica, il cui prototipo è il modello di welfare state universalistico ideato nel 1943 da Lord Beveridge (sistemi Beveridge, o "servizi sanitari nazionali"). L'assistenza sanitaria, configurata come un diritto sociale, è generalizzata e viene finanziata con risorse provenienti dalla fiscalità generale. Un terzo genere di modello è quello prevalentemente privatistico, nel quale il meccanismo di finanziamento principale è l'assicurazione volontaria e gli erogatori delle prestazioni sono per lo più soggetti privati. Tradizionalmente riconducibile a tale modello è il sistema sanitario statunitense. Uno studio condotto nel 2009 dalla Banca Mondialeha effettuato un'analisi comparativa dei modelli Bismarck e Beveridge in termini di costi ed efficacia. È emerso che i sistemi Bismarck incrementano del 3-4% la spesa sanitaria pro capite senza che ciò si traduca in un miglioramento dell'efficacia delle prestazioni. Prima della riforma del 1978, il sistema sanitario italiano era di tipo Bismarck, basato su numerosi enti mutualistici (o "casse mutue"). Ciascuna cassa mutua era competente per una determinata categoria di lavoratori che, con i familiari a carico, vi erano obbligatoriamente iscritti e, in questo modo, fruivano dell'assicurazione sanitaria per provvedere alle cure mediche e ospedaliere, finanziata con i contributi versati dagli stessi lavoratori e dai loro datori di lavoro. Il diritto alla tutela della salute era quindi correlato allo status di lavoratore di uno dei componenti della famiglia, con conseguenti casi di mancata copertura. Nel 1978, con il passaggio al modello SSN (sistema di tipo Beveridge), viene meno l'equazione assicurato = assistito: il mantenimento e il recupero della salute fisica e psichica, attraverso prestazioni erogate dal sistema sanitario, divengono diritto spettante ad ogni individuo in condizioni di eguaglianza. Cambia inoltre la fonte del finanziamento delle prestazioni sanitarie: non più i proventi dei contributi, ma, perlopiù, la fiscalità. Nell'evoluzione successiva del sistema, un passaggio cruciale è rappresentato dall'introduzione dei Livelli essenziali delle prestazioni (LEA), che definiscono quali sono le prestazioni sanitarie erogabili dal SSN e le cure che devono essere garantite in tutte le regioni italiane: attraverso i LEA si dovrebbe dar luogo, sull’intero territorio nazionale, ad una omogeneità di offerta dei servizi sanitari. Il sistema sanitario italiano opera sia con strutture pubbliche (o equiparate) sia attraverso enti privati (accreditati e convenzionati). Si tratta peraltro di un sistema articolato in una pluralità di servizi sanitari regionali, essendo la materia "tutela della salute" attribuita alla cosiddetta potestà legislativa concorrente tra Stato e Regioni (art. 117, comma terzo, della Costituzione). Ma il nostro SSN (finanziato prevalentemente attraverso la fiscalità generale) costa più o meno dei servizi sanitari di altri Paesi che hanno adottato modelli diversi, privatisti o misti? E che livelli di prestazione fornisce? A fare “i conti in tasca all’healthcare italiano” ci ha pensato il dossier “Il Servizio sanitario nazionale compie 45 anni”, realizzato dall’Ufficio valutazione e impatto del Senato. Il documento appena pubblicato raffronta i numeri nazionali con quelli di Canada, Francia, Germania, Regno Unito, Spagna, Stati Uniti e Svezia. In diverse classifiche, dall’aspettativa di vita alla nascita (83 anni) all’aspettativa di vita in salute (71,9 anni), l’Italia si posiziona al vertice, merito anche degli stili di vita (e delle politiche di prevenzione). Il consumo di alcol, calcolato come per tutti gli altri parametri dai 15 anni in su, colloca infatti il nostro Paese in seconda posizione nella prospettiva dei corretti stili di vita. Meglio solo la Svezia. Secondo posto anche per il consumo di tabacco: fumano meno solo i cittadini del Regno Unito. Medaglia d’argento anche per la categoria di persone in sovrappeso: più magri di noi solo i francesi, i peggiori i cittadini statunitensi. Il focus del documento segnala, però, che con una spesa sanitaria pubblica pari al 7,1% del PIL, l’Italia nel 2020 risultava terza, fra i Paesi europei della lista, per numero di posti letto ospedalieri (3,19 ogni 1000 abitanti). Prima la Germania (7,82), seconda la Francia (5,73), pdeggio gli Stati Uniti che dispongono di 2,8 posti e il Canada (2,55). Quanto invece ai posti letto in strutture residenziali per anziani, nel 2019 l’Italia registra la più bassa disponibilità di risorse (18,8 posti ogni 1000 over 65). Il dato disallinea il nostro SSN da tutti gli altri sistemi sanitari comparati che destinano alle long term care risorse significativamente più ingenti. La Svezia ne conta 68,1, la Germania 54,2, il Canada 51.3, notevole il distacco con gli Stati Uniti (29,9 posti), al penultimo posto di questa classifica. La spesa pubblica destinata al Servizio Sanitario Nazionale, quella in rapporto al PIL, relega l’Italia all’ultimo posto accanto alla Spagna (entrambe poco più del 7%). La spesa pubblica statunitense, con il 15,9%, si guadagna la vetta della classifica. Punteggi bassi anche per quanto riguarda la spesa pubblica ospedaliera e quella pro-capite. Quarto posto per il numero di medici in attività (la Spagna al primo) ed in fondo della classifica (6,3 professionisti ogni 1000 abitanti) per numero di infermieri in attività, categoria nella quale spicca la Germania con 12 professionisti ogni 1000 abitanti. Dopo aver valutato le risorse di cui dispone la sanità, il report prende in considerazione diversi indicatori per valutare la qualità delle prestazioni sanitarie. Tra questi il tasso di mortalità di pazienti over 45 a 30 giorni dal ricovero per infarto del miocardio acuto; qui il SSN si posiziona con un tasso del 5,4 contro l’8,3 della Germania e il 6,5 della Spagna. Il secondo indicatore riguarda il tasso di sopravvivenza a cinque anni per tumore al seno per il quale l’Italia è terzultima (86%) alla pari con la Germania, subito dietro la Francia (86,7%). Meglio la Svezia (88,8%) e gli Usa con un ottimo 90,2%.